di Raffaele Lisco.
Siamo in piena stagione estiva ma il “turno di riposo”, per alcuni “imprenditori”, è ancora sacro…
Oggi è il 9 giugno e, nonostante la situazione contingente abbia scombussolato la vita un po a tutti, salvo smentite dovrebbe essere estate. L’inizio dei classici tre mesi di “stagiòn”, il fulcro economico di un’intera comunità che sopravvive unicamente grazie al turismo balneare.
Normalmente, che io ricordi, in piena stagione estiva i negozi, ristoranti, attività ricettive e comunque in generale chiunque lavori nel turismo, non hanno mai chiuso nemmeno un giorno, dovendo logicamente sfruttare ogni minuto utile di una già striminzita temporalità, per incassare quel fatturato che permette all’azienda di sopravvivere fino all’anno successivo. Già quest’obbligo strutturale aveva, di fatto, eliminato qualsiasi pausa “vacanziera” durante il suddetto periodo lavorativo, così come limitazioni orarie e riduzioni del carico di lavoro.
Insomma, durante la “stagiòn”, a Grado, devi sudare sette (mila) camicie, chiudere l’orologio nel cassetto e dimenticarti del calendario, compleanno compreso. Bisogna “lavorà”, senza se e senza ma, indifferenti alla malattia, stanchezza, famiglia e qualsiasi altro disturbo meno importante dell’incasso.
Proprio per questi motivi, recentemente, abbiamo assistito alla protesta di piazza di un nutrito numero di imprenditori gradesi (e non) che manifestavano pubblicamente contro l’obbligo di chiusura coatta delle proprie attività, causa virus Covid-19. Tutti di fronte al Municipio a farsi prendere in giro dal Governo locale (…) sodale a parole ma nemico nei fatti.
Passata la buriana grazie all’intervento nazionale e regionale (non certo “civico”…), ecco ripristinata la normalità che, seppur con limitazioni assortite, ha permesso a tutti di ritornare a lavorare, esattamente come implorato ai politici anche in maniera chiara e decisa.
Prevedibilmente, come al solito, l’italiana cialtroneria si è già manifestata (anche) sul territorio lagunare, permettendo ai soliti imprenditori (da sussidio) di manifestare la loro “stanchezza” sopraggiunta dopo nemmeno un paio di settimane dalla raggiunta “libertà” lavorativa. Fioccano i “turni di riposo” settimanali, per pizzerie, bar e ristoranti, proprio quelli più incattiviti e pronti a maledire il Governo per il lock down imposto.
Pizzettari, spritzaroli e friggicalamari (congelati), che nulla hanno a che vedere col tessuto sano del resto degli imprenditori di Grado (e non), famiglie duramente colpite dalla tremenda crisi economica che è andata a prolungare la già penalizzante recessione figlia del 2008 e anni a seguire. Comici trololò, capaci solo di attaccarsi alla locomotiva trainante costruita con l’impegno di chi ci mette la faccia, al contrario del gruppetto di parassiti che un giorno sputtana la maggioranza e l’altro critica l’opposizione del governo comunale, regionale e nazionale.
Personaggetti che “vorrebbero ma non possono”, pietosi tentativi di ingresso nella stanza dei bottoni da dove sono sempre stati espulsi per manifesta idiozia e incapacità, adesso, stanchi per l’esagerato lavoro che il turismo isolano sta subendo (…), si permettono una doverosa e defatigante giornata di pausa o, meglio, di “riposo”, prima di riaffrontare l’orda selvaggia di clienti che, solitamente, NON frequenta la loro attività.
E’ proprio vero, non basta aprire una partita iva per definirsi imprenditori…
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