di Raffaele Lisco.
Non sono un “gradese” nativo del’isola ma, orgogliosamente, un “foresto”.
Quest’anno si celebra la ricorrenza del mio primo mezzo secolo da residente a Grado. 1970 – 2020, ben cinquant’anni di vita passata sull’Isola del Sole.
Quando qualcuno mi definisce un “gradese”, il mio primo impulso sarebbe quello di precipitarmi dai Carabinieri per sporgere querela per diffamazione ma sono talmente tanti i potenziali calunniatori che non basterebbero i tribunali delle quattro provincie del FVG per giudicare il reato. Il secondo, quello di menargli…
Il fatto curioso è che nella mia stessa condizione di “foresto”, ovvero soggetto nato fuori dal Comune di Grado, si trovano il 90% di quelli che si definiscono “original”. Incontestabile l’evidenza che dimostra la datazione dell’ultimo nato in loco, pischello ormai registrato all’anagrafe municipale oltre quarant’anni fa, atteso che la sanità isolana ha smesso di permettere alle partorienti di sfornare “graisani” patocchi, nel preciso momento in cui l’ospedale cittadino è stato chiuso.
Sui documenti di quelli che sbandierano a vanvera la loro “graisanità”, ci sono impressi a fuoco le origini Bisiache, Furlane, Triestine e di qualsiasi altra località diversa dal “picolo nìo”. Io stesso ho una figlia “gradese” di trent’anni, nata a Jalmicco (UD). Gli “indigeni nativi” sono rimasti una minima rappresentanza ormai in via d’estinzione, Ultimi Mohicani del Palù, anziani testimoni di un tempo remoto.
Siamo tutti dei “foresti”, nel bene e nel male, gradesi oriundi figli della terraferma, provinciali portatori di ritorno di terre meno ostili alla rappresentanza natia di una propria tradizione, cultura e appartenenza. Mostrare disprezzo verso chi non è nato sul “sabione”, diventa un’autogol dentro la porta amica, l’ignorante dimostrazione di chi non conosce la propria storia e pensa di essere “migliore”, senza nemmeno averne alcun requisito dimostrabile.
Non sono nato a Grado e questo, sinceramente, dopo aver passato (quasi) tutta la vita su quest’isola piena di contraddizioni, mi fa sentire meno categorico e più cittadino del Mondo. L’enorme fortuna di essermi formato nei primi anni di vita fuori dall’isoletta gretta, provinciale e imprigionata dentro la sua mentalità chiusa e retrograda, mi ha fatto solo che del bene.
Ecco perchè quando qualche fenomeno locale mi definisce un “foresto” (dimenticandosi della sua stessa provenienza…), oppure all’opposto mi affibbia un’errata appartenenza “graisana” con l’intento di dipingere la mia persona come “un nemico di Grado” o, peggio ancora, un “rinnegato” che passa il suo tempo a cercare di sporcare l’immagine del territorio dove vive e un “viscido” dedito alla diffamazione di “quelli bravi”, non solo mi viene da ridere ma provo profonda compassione per cotanta dimostrazione di stupidità, ignoranza e attitudine al paraculismo estremo.
Io non sono “gradese” e me ne vanto. Se essere figlio di Grado significa appartenere alla categoria dei bugiardi, opportunisti, invidiosi, ignoranti e mendicanti, personaggetti disposti a battere le mani a chiunque pronto a “comprarsi” il consenso a colpi di mancette, prebende e briciole di benessere a discapito del resto della collettività, mi tengo strette orgogliosamente le mie origini Milanesi e accetto con piacere l’espulsione sociale dal resto della tribù.
Sono consapevole di non essere nessuno ma sono anche altrettanto sicuro di non dovermi sentire inferiore a chi nella storia non è stato capace di valorizzare la terra che, a chiacchiere, vorrebbe difendere dagli attacchi dei “foresti”. Continuerò finche vivrò ad amare quest’isola tanto meravigliosa quanto deturpata da emerite teste di minchia, “onorabili” pagliacci capaci solo di blaterare senza MAI costruire qualcosa di positivo per tutti e non solo per se stessi…
Con poca umiltà, credo di metterci più impegno io nel cercare di migliorare Grado (o almeno provarci), piuttosto che la maggioranza di quelli che girano a vuoto salendo sui pulpiti per bullarsi o per spacciare, un tanto al chilo, la loro “graisanità” acquisita ovunque meno che a casa loro.
Meglio “foresto” che finto…
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