di Raffaele Lisco.
C’è solo un uomo capace di rifiutare un verdetto di assoluzione…
Molti di voi, leggendo quanto sto per raccontarvi, penseranno che mi sia bevuto il cervello, eppure mai come ieri mi sono sentito un Uomo Libero, talmente libero da arrivare a rifiutare l’assoluzione proposta dal giudice del Tribunale di Gorizia, intenzionato a darmi ragione.
Messa così, anch’io di primo acchito mi giudicherei un pazzo ma, volendo approfondire le motivazioni che mi hanno spinto a voler continuare nella causa depositata a mio sfavore dal solito pallone gonfiato in cerca di “soddisfazione”, sono certo che comprenderete il perchè abbia scelto di andare oltre la logica, fino in fondo.
Niente nomi, non hanno importanza le facce dei protagonisti (una è la mia…), è il concetto che conta e proprio di quello voglio parlare, anche se starmene zitto sarebbe una scelta intelligente. Purtroppo, l’intelligenza, la convenienza e, soprattutto, l’opportunismo, sono atteggiamenti che non fanno parte del mio bagaglio valoriale.
Questi i fatti: all’udienza penale per la millesima “presunta” querela per diffamazione a mezzo stampa (art.595 c.p.), il querelante non si costituiva in giudizio (tradotto non si presentava ne lui ne il suo legale) e vistosi respinte le richieste dal Ministero della Giustizia di oscuramento del blog (GradoSpia) e attribuzione dei log (intestatari del sito) richieste ai Social, non aggiungeva prove documentali allo già scarno fascicolo accusatorio.
Il giudice, dimostrata la penuria di atti a carico del sottoscritto, chiedeva al legale di fiducia dell’imputato (io), la possibilità di prendere in esame la formula del “rito abbreviato”, ovvero, accettare l’immediato giudizio, senza addurre ne i testi chiamati dall’accusa, ne l’audizione dell’imputato. In questi casi si propone questa procedura per chiudere la causa e assolvere l’imputato per mancanza di elementi accusatori.
Una vittoria, certo, un risultato positivo (per me) tuttavia inficiato dal dubbio di una sentenza emessa per “debolezza” e non per la ragione di una parte sull’altra, come avviene normalmente in un processo penale. Potevo incassare il risultato a mio favore ma non me la sono sentita di “graziare” l’ennesimo pallone gonfiato, pupazzo convinto di poter portare al suo mandante “civico” la testa del “calunniatore”.
Vado avanti, voglio guardare dritto negli occhi il mio tentato “giustiziere”, sentirlo deporre contro, ascoltare i suoi testimoni usciti da chissà quale tana e gustarmi fino in fondo una vittoria già scritta da chi preposto a tale giudizio. Dovrò aspettare un altro anno, atteso il rinvio a primavera 2022 di un giudice stizzito per la situazione. Non importa, aspetterò.
Stanno cadendo tutti, uno per uno e chi non inizia a puzzare di sconfitta si sta ritirando per evitare il peggio. Mi difendo da solo, con l’obbligo della rappresentanza di giovani avvocati d’ufficio, eppure sembra che le mie strategie funzionino meglio dei roboanti “Principi del Foro” pagati dai miei avversari finiti nello sputtanamento mediatico, risultato ampiamente guadagnato per le loro azioni disdicevoli.
Consapevole della vastità di quanto ve ne freghi di tutto ciò, ho voluto raccontarvi quanto sopra, per dimostrare che la paura non paga. Avere il coraggio di opporsi al Sistema Clientelare, denunciare il sopruso e tenere testa ai “presunti” potenti, non è solo un DIRITTO ma un preciso DOVERE di chi sceglie di non essere “suddito”…
C’è ancora “qualcuno” che “Dice No” (Cit.) e, come dicono i Gobbi, faccio mio l’hashtag #FINOALLAFINE.
®RIPRODUZIONE RISERVATA