di Raffaele Lisco.
Luigi Pintor, su Il Manifesto, ci aveva provato ma è andato tutto storto…
Correva l’anno 1983 e precisamente il 28 giugno. Il quotidiano di sinistra Il Manifesto, titolava speranzoso in prima pagina: “Non moriremo Democristiani”.
L’articolo, opera del fondatore del giornale, Luigi Pintor, intendeva significare esattamente il contrario: la DC dell’allora segretario Ciriaco De Mita, aveva clamorosamente perso le elezioni politiche, nel senso che le aveva sì formalmente vinte, ma con uno scarto così ridotto sul PCI, da consentire l’auspicio che la sinistra potesse sperare di vederne interrotto il dominio che durava dal dopoguerra.
Tornando a bomba nel 2022, l’attualità post rielezione del riconfermato Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica, ha dimostrato che la DC sta risorgendo, come l’araba fenice dalle sue ceneri.
Prima di confluire nel PD, il partito erede della tradizione comunista dell’originario PCI, Sergio Mattarella aveva infatti militato nella sinistra DC, assieme ad altri esponenti – Rosi Bindi, ad esempio – che avrebbero in seguito dato vita al progetto della Margherita e dell’Ulivo, poi confluiti nel partito di Matteo Renzi.
Facile comprendere, per chi ne capisce di politica che, in questa occasione, la rielezione di Mattarella possa essere sembrata la vittoria del PD ma, in realtà, sia stata la solita vecchia DC che ritorna sotto mentite spoglie…
Non per caso il nome di Pierferdinando Casini è rimasto in lizza fino alla fine, candidatura “moderata” e centrista sostenuta da Mastella e tutto il gruppo dei Toti, Lupi, Brugnaro, Cesa e, nei talk show mediatici, i Cirino Pomicino di vecchia scuola DC.
Appare evidente il potenziale ritorno della Balena Bianca, la ricomposizione di quel “centro” che, oggettivamente, potrebbe andare a riprendersi il potere perduto dopo Mani Pulite.
La Prima Repubblica è pura nostalgia, non solo per i superstiti della DC che hanno trovato “casa” dentro i “nuovi” partiti di destra e sinistra nati dalle macerie post 1994 ma anche per quelli eletti dentro le file dei “rottamatori”, rivoluzionari rimessi a cuccia per manifesta inesperienza.
Uno vale uno è defunto, il ricambio generazionale ci sta regalando la riesumazione dei Berlusconi (85 anni), Mattarella (80 anni), Draghi (74 anni), senza parlare dei Senatori a vita che scontano un’età media vicina a quella di Matusalemme.
La politica Italiana non è un posto per giovani, quella che Nanni Moretti aveva auspicato come “la generazione dei quarantenni”, categoria clamorosamente naufragata e surclassata dai “Grandi Vecchi” ai quali nessun ggggggiovane è riuscito a fregare la poltrona e riuscire a mantenerla.
Se la destra si disgrega, grazie ai capricci dell’uno e dell’altra, la sinistra resta ancora bloccata dal “correntismo” interno fatto da capi e capetti e quel “terzo polo” che aveva illuso di potersi rappresentare col “Grillismo” (ormai spappolato) segna il passo, si aprono enormi praterie per i “centristi”, esperti politici pronti a riempire il vuoto lasciato dai partiti dilettanti e litigiosi, incapaci di modernizzare la politica Italiana.
Moriremo Democristiani, al contrario della speranza pubblicata da Pintor sul Manifesto del 1983, nel suo titolo ormai appartenente alla Storia. Dopo anni di “coprifuoco”, la voglia degli Italiani per un nuovo Boom Economico risale prepotente e la DC è stata il simbolo di quel periodo felice.
L’Italia dei “tagliani” è un paese di anziani e Andreotti resterà, per sempre, il rimpianto “Divo Giulio”…
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