di Raffaele Lisco.
Chi afferma che le elezioni sono una seccatura, si sbaglia di grosso…
Forse non ha tutti i torti, chi afferma che in Italia si vota troppo spesso. Tuttavia, pensandoci meglio, se i Governi durassero il tempo stabilito dalla Legge, tra un’elezione e l’altra la frequenza ai seggi non sarebbe così ravvicinata.
Per fortuna, resta ancora facoltativa la possibilità di partecipare alla scelta preferenziale dell’uno o dell’altro, decidere a chi rinnovare (o affidare ex novo) la propria fiducia, oppure “fare altro”, ormai convinti dell’inutilità del gesto.
Tuttavia un fatto è innegabile: ogni volta che ci si avvicina a un’elezione comunale, provinciale, regionale, nazionale, europea o referendaria, miracolosamente, ciò che fino a quel momento era risultato “impossibile” per i governanti, immediatamente si rende “già fatto”, cantierato e finanziato con soldi pubblici usciti dal cassetto segreto…
“Un’Opera Pubblica al giorno leva la sconfitta di torno…”.
Questo potrebbe diventare il Nuovo Slogan dei candidati, specialmente per quelli “uscenti”, ovvero i privilegiati in gara che possono utilizzare il potere per “comprarsi” anche l’ultimo diffidente, quello ancora non colpito da adorazione collettiva per il politico onnipotente.
Una corsa sfrenata alla “miglioria” rimasta sopita per cinque anni, proprio dagli stessi che ora sembrano essere stati morsi da una tarantola che li spinge a fare subito, presto e bene. Un diluvio di iniziative che non possono che rendere felici i cittadini-sudditi, popolo bue che, in questo particolare e unico momento temporale, può permettersi di dare del tu al candidato.
Bisognerebbe saperne approfittare, stringere forte gli attributi del questuante politico, alzare la posta e pretendere tutto quello che, dopo, sappiamo benissimo ci verrà ridotto o, peggio, tolto, per riequilibrare l’esagerazione concessa obtorto collo per vincere.
Questo dovrebbe essere il momento di chiedere di più, accumulare fieno in cascina in previsione della Carestia che, molto presto, ci colpirà tutti (o quasi). Vuoi il mio voto? Allora mi devi dare tutto quello che chiedo, altrimenti o non mi muovo da casa, oppure beneficio l’avversario, anche se lontano chilometri dalle mie idee…
La politica (minuscolo) ormai è solo un grande Mercato, dove si vive nello scambio merceologico del “do ut des personale” e non certamente collettivo.
Ogni “onorabile” risponde unicamente alle logiche del partito che gli permettono di vivere da signore/a sulle spalle di chi lo mantiene e, in cambio di questo, obbedisce agli ordini “superiori” decisi dall’alto.
Perchè, quando il momento è propizio, il potere è altrove e si può sfruttare l’unica possibilità di ottenere il giusto da coloro che poi una volta “ripristinati”, torneranno a non considerarci proprio, non dovrebbe rendere anche noi “calcolatori”, “cinici” e “spietati”, come loro?…
Evviva le Elezioni!
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