Il VAR, acronimo di Video Assistant Referee, è un assistente che collabora con l’arbitro in campo per risolvere situazioni incerte previste dal regolamento. Utilizzando filmati e tecnologie avanzate, il VAR consente di rivedere l’azione da diverse angolature, con possibilità di ingrandimento e controllo delle immagini. Nonostante l’acronimo si riferisca alla persona, all’inizio ci sono state delle controversie nei mezzi di comunicazione sulla sua natura tecnica. Questo ha generato confusione tra gli esperti e il grande pubblico sulla sua identità di genere, che va chiarita subito: è maschile.
VAR, la tecnologia che migliora le prestazioni degli arbitri in campo
Il VAR è una tecnologia introdotta nel mondo del calcio, e non solo, per migliorare le prestazioni degli arbitri in campo ed evitare errori di valutazione. In teoria, la traduzione letterale sarebbe “arbitro assistente video”, che riflette fedelmente la struttura inglese in cui “referee” è il termine principale. Tuttavia, una traduzione letterale non è sempre la migliore opzione. In effetti, una traduzione più efficace potrebbe essere “assistente dell’arbitro al video“, che si allinea meglio con il sistema linguistico italiano. Anche in questo caso, l’articolo associato dovrebbe essere maschile.
La riflessione sui traducenti italiani non è di secondaria importanza, perché bisogna considerare quale traduzione viene spontaneamente in mente agli italiani. Nonostante le chiare argomentazioni a favore del maschile, nella fase iniziale dell’introduzione di questa tecnologia e di tutto ciò ad essa collegato, l’incertezza sul genere e quindi sull’articolo da utilizzare ha caratterizzato il dibattito. Questa incertezza era sicuramente dovuta anche all’incertezza generale sul referente del termine. Pertanto, sin dall’inizio, l’acronimo ha assunto una funzione aggettivale, come spesso accade nella lingua italiana contemporanea, senza una normazione precisa.

Il dibattito sul termine: maschile o femminile?
La tendenza prevalente è stata quella di scegliere l’articolo del nome implicito al termine aggettivale. La scelta dell’articolo è determinata dal comportamento dei giornalisti e dei commentatori sportivi, poiché si tratta di un linguaggio settoriale. A questo proposito, l’Accademia della Crusca è stata consultata dai giornali sull’articolo da utilizzare e si è espressa a favore del maschile. Questa indicazione è diventata nota anche tra gli addetti ai lavori e ha influenzato il linguaggio utilizzato, favorendo l’uso del maschile.
Durante i Mondiali di Russia 2018, il femminile è stato utilizzato solo sporadicamente nelle telecronache e nei programmi di commento. Inoltre, sul web, il maschile è presente in oltre 300.000 pagine italiane trovate su Google, rispetto a 133.000 forme al femminile (non poche comunque). Anche i sondaggi rapidi su quotidiani come “Repubblica” confermano questa tendenza, con 686 occorrenze al maschile contro 250 al femminile.